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“Il caso origina dal lontano 16.12.2004, quando veniva stipulato un contratto di locazione di ramo d’azienda, avente ad oggetto un bar-ristorante, ove, all’art. 18, le parti inserivano una clausola compromissoria con la quale devolvevano ogni controversia nascente dal rapporto di locazione ad un arbitro unico.

A distanza di quattro anni, in data 16.5.2008, alla presenza dei rispettivi legali, le parti rinunciavano alla suddetta clausola, con una clausola che devolveva ogni possibile controversia inerente all’interpretazione, applicazione ed esecuzione del contratto alla competenza del Tribunale di Massa.

In data 2.3.2010 la conduttrice citava in giudizio la rispettiva locatrice, innanzi al Tribunale di Massa, per chiedere la risoluzione del rapporto ai sensi dell’art. 1453 c.c., a causa del dissesto in cui si trovava l’immobile.

Tuttavia, in data 21.9.2010, alla conduttrice veniva notificato il lodo arbitrale del 12.4.2010, emesso a seguito di un procedimento arbitrale promosso dalla locatrice e nel quale essa conduttrice era rimaste assente.

Il lodo veniva impugnato dalla conduttrice innanzi alla Corte di Appello di Genova, per inesistenza o nullità, ex art. 829, comma 1 c.p.c., per incompetenza degli arbitri, in forza della modifica contrattuale intervenuta nel 2008.

Con sentenza n. 1225/2016, la Corte di Appello di Genova respingeva entrambi i motivi d’impugnazione del lodo sull’assunto che la parte avrebbe dovuto eccepire nel giudizio arbitrale, come prima difesa, la carenza di competenza dell’arbitro nominato.

Avverso tale pronuncia è stato interposto ricorso in Cassazione: la sentenza sarebbe errata nel punto in cui afferma l’inammissibilità dell’impugnazione del lodo nell’ipotesi in cui la parte sia stata regolarmente convenuta nel giudizio arbitrale, ma abbia volontariamente scelto di non parteciparvi e di non proporre quindi le eccezioni previste a pena di inammissibilità del giudizio.

La Suprema Corte ha ritenuto il motivo fondato.

L’interpretazione data dalla giurisprudenza è riconosciuta coerente con l’orientamento dottrinale che tende ad accogliere una visione para-giurisdizionale del procedimento che si instaura per mezzo della clausola compromissoria per arbitrato rituale in deroga alla giurisdizione del giudice ordinario.

Pertanto, l’eccezione di compromesso, attesa la natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario da attribuirsi all’arbitrato rituale deve ricomprendersi, a pieno titolo, nel novero di quelle di rito.

Sicchè nell’attuale giudizio arbitrale para-giurisdizionale, la questione dell’invalidità, come dell’inesistenza della clausola compromissoria per arbitrato rituale è da intendersi un’eccezione processuale, rilevabile anche d’ufficio, funzionale all’accertamento di un error in procedendo, come tale in grado di viziare una decisione avente valore potenzialmente giurisdizionale, qual è il lodo, mentre nelle altre ipotesi (ove il vizio dedotto non investa la validità della clausola o la possibilità giuridica di devoluzione della controversia ad arbitri) la questione processuale si riferisce alla fattispecie prevista dall’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 4 ovverosia al superamento, da parte degli arbitri, dei limiti loro imposti dal compromesso.

Quest’ultima ipotesi non è pertanto analoga alla diversa ipotesi di originaria e totale carenza di potere, rilevabile d’ufficio, e rimane preclusa dal mancato rilievo della relativa eccezione processuale relativa alla sopravvenuta incompetenza dell’arbitro.

Tuttavia, l’effetto preclusivo della mancata eccezione di cui all’art. 817 c.p.c., comma 3, di natura processuale, non può desumersi dalla contumacia della parte nel giudizio arbitrale, i cui effetti non sono regolati in materia di arbitrato: l’effetto preclusivo previsto da tale ultima disposizione opererebbe solo con riferimento alla parte che ha partecipato al giudizio arbitrale e non anche nei confronti di chi sia rimasto inerte durante l’intero corso del procedimento.

Quindi la Corte ha accolto il ricorso, cassando in relazione ai motivi e rinviando il procedimento alla Corte di Appello di Genova”.

MASSIMA 1

Cassazione civile sez. III – 28/02/2019, n. 5824

Arbitrato e limite temporale dell’eccezione di incompetenza

Cassa con rinvio, CORTE D’APPELLO GENOVA, 24/11/2016

L’eccezione d’incompetenza dell’arbitro di cui all’art 817, comma 2 c.p.c., salvo il caso di controversia non arbitrabile, coerentemente con la nuova accezione “paragiurisdizionale” dell’arbitrato rituale, è da considerarsi quale eccezione di rito in senso stretto, soggetta al limite temporale indicato dall’ art. 817, comma 3, c.p.c., solo per la parte che ha partecipato al relativo giudizio arbitrale e non per quella che, rimasta assente, in sede di impugnazione del lodo contesti in radice che la lite sia devolvibile agli arbitri.

MASSIMA 2

Cassazione civile sez. III – 28/02/2019, n. 5824

Mancata partecipazione del convenuto all’arbitrato e conseguenze sull’impugnazione per nullità del lodo per incompetenza

La preclusione stabilita dall’art. 817, comma 2, c.p.c. non si applica al convenuto rimasto assente nell’ambito del procedimento arbitrale.

MASSIMA 3

Cassazione civile sez. III – 28/02/2019, n. 5824

Il lodo può essere impugnato per incompetenza degli arbitri anche da chi non ha partecipato al giudizio arbitrale

In tema di arbitrato, anche dopo la novella introdotta dal d.lgs. n. 40 del 2006, qualora una delle parti contesti in radice che la lite sia devoluta ad arbitri e, pur regolarmente chiamata, rifiuti di partecipare al giudizio arbitrale, non opera l’art. 817, comma 3, c.p.c. e, perciò, la stessa non subisce la preclusione posta da tale disposizione, con la conseguenza che può adire il giudice ordinario perché accerti che il lodo, comunque emesso pur in mancanza di clausola compromissoria, sia inefficace o inesistente nei suoi confronti.

MASSIMA 4

Cassazione civile sez. III – 28/02/2019, n. 5824

Arbitrato e limite temporale dell’eccezione di incompetenza

È del tutto coerente con la nuova accezione paragiurisdizionale dell’arbitrato rituale il principio in base al quale la eccezione incompetenza dell’arbitro, di cui all’articolo 817, comma 3, del Cpc, al di là della ipotesi di nullità della clausola compromissoria per vizio suo proprio e genetico relativo a una ipotesi di controversia non arbitrabile, è da considerarsi quale eccezione di rito in senso stretto, e, come tale, incontra il limite temporale indicato dall’articolo 817, comma 3, del Cpc solo per la parte che ha partecipato al relativo giudizio arbitrale e non per quella parte che, rimasta assente, in sede di impugnazione del lodo contesti in radice che la lite sia devolvibile agli arbitri.