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Il caso esaminato in sede arbitrale atteneva ad una pattuizione contrattuale che aveva previsto il pagamento del compenso di una consulenza a mezzo di cripto moneta.

Quest’ultima, invero, viene sempre più utilizzata dalle parti nello scambio di beni e servizi, con funzione di pagamento.
La stessa Consob (Autorità italiana per la vigilanza dei mercati finanziari) la individua quale forma di “valuta nascosta”, nel senso che diviene visibile e utilizzabile solo previa conoscenza un determinato codice informatico (le c.d. chiavi di accesso pubblica e privata). La cripto valuta non esiste in forma fisica, ma si genera e si scambia esclusivamente per via telematica. Non è pertanto possibile trovarla in circolazione in formato cartaceo o metallico.

Con riferimento alle obbligazioni pecuniarie, cioè quelle aventi ad oggetto la consegna di una somma di denaro, ai sensi dell’articolo 1278 del codice civile “se la somma dovuta è determinata in una moneta non avente corso legale nello Stato, il debitore ha facoltà di pagare in moneta legale, al corso del cambio nel giorno della scadenza e nel luogo stabilito per il pagamento”.
In tal senso, l’articolo 1278 del codice civile si limita ad attribuire al debitore la facoltà alternativa di pagare in moneta avente corso legale, mentre il creditore può chiedere il pagamento, ed il giudice deve condannare, soltanto in valuta estera.
Ebbene, facendone applicazione analogica nella fattispecie al suo esame (che vedeva la pattuizione di un corrispettivo in valuta virtuale), e qualificando l’obbligazione avente ad oggetto la prestazione di corrispondere cripto valuta come obbligazione facoltativa passiva, l’Arbitro ha statuito che il debitore è tenuto ad adempiere corrispondendo la somma in cripto valuta, ma ha la facoltà di adempiere pagando in moneta legale, mentre il creditore di una somma determinata in cripto moneta non può richiedere la condanna del debitore al pagamento della somma corrispondente in euro.